Perché l'economia politica è importante per il trading?

Si parla molto di economia politica ma quasi mai si capisce per assurdo di cosa si tratti. Un parolone “economia politica”! Vi siete mai chiesti perché è ormai caduto in disuso ed è stato rimpiazzato da termini come public economy, o economia pubblica? Non si tratta sempre di economia politica?

Non di certo. Nei corsi universitari contemporanei, non si approfondiscono più i veri tasselli dell’economia politica, salvo differenti percorsi post-dottorato in base ai quali ognuno, secondo le sue inclinazioni, ambisce a maturare i classici dell’economia politica. Buona parte degli studi di oggi si fondano sulla concezione neoclassica dell’economia che ci ha depurati da ogni giudizio di valore. Cosa fa l’economista neoclassico? Stilizza il funzionamento di un sistema economico, in maniera obiettiva ed inequivoca (analisi positiva), basandosi sull’ideologia liberista, in senso economico (il mercato è l’istituzione dominante ed i singoli agenti economici concorrono con i loro comportamenti ad influire sul mercato). Tutto quello che fa parte di un puro giudizio arbitrario, anche riguardo alla redistribuzione delle risorse, rientra nell’analisi normativa.

Ed è così che una “visione del mondo” è entrata a fare parte del filone dominante che accontenta tutti, confinando altri pensatori tra le eresie contemporanee o moderne del mondo del pensiero. Si sentiranno nomignoli come post-keynesiano, post-marxista (chi sono i fondatori dell’economia politica? Filosofi dalle visioni contrapposte, tra cui vale la pena citare Adam Smith che si concentrò sul laissez faire, Ricardo che prese ad esame il problema della rendita terriera, Karl Marx che si concentrò su un ideale di vita comunitaria ove il valore fosse ben catturato – teoria economica confusa con l’ideologia del proletariato). Molti sono i politologi che associano simpatie destrorse o sinistrorse ad un economista politico o l’altro (li chiamiamo così, siano essi filosofi di formazione o meno) ma il senso epistemologico del conoscere non è certo un ideale di parte.

Nessuno conosce la vera economia politica e forse, conoscere la vera economia politica, cominciare a riflettere su come funzionano i mercati, potrebbe aprire un nuovo spiraglio nel mondo del trading dove ora non si fa che confidare nelle opinioni degli analisti “esperti” (e paroloni come esperti non esistono nel mondo dell’economia politica ma sono state coniate dall’universo del management, di quelle visioni che tendono a settorializzare il mercato facendoti credere di averlo sotto mano). Sulla scorta di queste opinioni, si saprà che di lì a poco, la traiettoria dei prezzi del petrolio raggiungerà nuovi minimi dopo l’ingresso di un nuovo protagonista sul mercato (l’Iran, grazie al termine dei vincoli di mercato), cambieranno le soglie di resistenza e di supporto minime per la coppia eurodollaro dopo le dichiarazioni della Fed che non intende affatto procedere all’aumento del costo del denaro come al solito (ma ogni volta, tali dichiarazioni funzionano ad effetto “polveriera da sparo“, una tipica tecnica che utilizzano i traders più dinamici, più tattici e meno strategici; il trend-following in tutti i dovuti sensi e cognizioni dell’agire).

Ma qualcuno potrebbe dubitare degli studi statistici! Qualcuno potrebbe dare ragione al mercato quando i “conti non tornano” e la storia non si ripete! Qualcuno potrebbe non passarci sopra quando le previsioni sbagliano e non sono propensi a perdonarli con la frase: “si è solo trattato di falsi segnali“! Ebbene sì, non vogliamo buttare all’aria i tanti studi sulla finanza creativa e sul trading ma soltanto farvi presente che tanti approcci alternativi esistono e si possono creare se si è dei bravi pensatori. E chissà che così non saremo proprio noi a rivoluzionare il mondo del trading, rispetto al contesto dei “fondamentalisti” (coloro che credono nei market mover, quali Pil, Inflazione ed aggregati economici che smuovono il mercato) ed i “tecnici” (che fanno loro fede, la statistica e la matematica).